Diciamo pane al pane: la ricetta del Pane Primitivo

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I lievitati

Chissà che direbbe Catone? Già si indignò assai quando i Romani aggiunsero il lievito a cereali e acqua per fare il pane. Quello lievitato non veniva neanche offerto in sacrificio agli dei proprio perché considerato impuro. “Stravaganze esotiche del tempo”, sentenziò Catone. Tempi in cui – lo dimostra la parola companatico – gli altri cibi erano secondari, accompagnavano il pane. Poi invece è diventato secondario il pane.

Il premio

Ora riscopre una vera e propria new wave perfino nei ristoranti, tant’è che “Identità Golose”, nella sua guida, assegna un premio al miglior cestino del pane. Lo chef Tre Stelle Niko Romito al Reale di Casadonna in Abruzzo va oltre il cestino.

«Ogni tavolo – racconta – riceve una pagnotta intera di Perciasacchi, una vecchia varietà di grano duro. La forma è da 600-800 grammi (tagliata in 6) con una proporzione ottimale tra crosta e mollica. Invece la focaccia di Saragolla, molto umida e prodotta con una tecnica particolare – quasi una polenta, prima cotta e poi lievitata – continuiamo a servirla con il benvenuto, insieme alla sfoglia croccante e ai grissini».

Nel mondo dell’alta cucina temiamo quindi si inizi a parlare di pane e pagnotte, grani antichi Russello e Tumminia, di lieviti, licoli e pasta madre con la stessa prosopopea dedicata ai vini. «Il vino – sostiene Davide Longoni, panettiere milanese con laurea in filosofia – è diventato oggetto di consumo edonistico, consapevole e culturale e il suo valore è cresciuto. Ci auguriamo, senza gli eccessi, che avvenga lo stesso per il pane». E come per il vino, in tutta Italia nascono gruppi di degustazione e corsi per amanti dei lievitati (tra i più ambiti ed esclusivi quelli che fa a Roma Gabriele Bonci).

A Milano ha appena aperto anche Forno Collettivo (questo il nome) dove chi vuole, come si usava un tempo nei paesi, può infornare le forme di pane fatte lievitare a casa. Perché con la moda del pane è tornata anche la voglia di farlo con le proprie mani.

Per chi si vuole cimentare vi è un dettagliato manuale di una delle chef televisive più brave, Sara Papa, che in “Tutti i colori del pane” svela i segreti per trasformare la cucina in una perfetta panetteria a partire dai misteri del lievito madre.

La pietra

Intanto i panificatori fanno un altro passo avanti – dopo quello sulla scelta dei grani – a proposito della legna da ardere: la selezionano in funzione dell’umidità intrinseca e della resina e decidono quanto tempo deve “maturare” prima dell’uso. «Cambia molto – spiega Salvatore Cantavenera, la cui famiglia a Licata (Agrigento) panifica dal 1928 – Il profumo innanzitutto. Quello del legno di agrume è diverso dalla vite o dall’ulivo.

Ad alcuni pani serve una lenta e bassa temperatura e quindi il legno non deve essere vecchio; per altri è meglio l’agrume che dà più spinta immediata». Cantavenera preferisce le forme grandi. «Il pane grande cotto nel forno a pietra – spiega – stimola tutti e cinque i sensi, compreso l’udito. Se lo percuoti con le nocche delle dita, devi sentire un rumore sordo. Perché la mollica è attaccata alla crosta ed è la prova che l’alveolatura è compatta. Altrimenti il rumore non potrebbe essere quello».

La ricetta del Pane Primitivo di Sara Papa, autrice di “Tutti i colori del pane”

Ingredienti

Preparazione

Step 1

Tostate le mandorle in forno a 90°C per 30 minuti.

Step 2

Denocciolate i datteri e tagliateli in piccoli dadini.

Step 3

Miscelate tutti i semi, la frutta secca e unite la cannella e il sale.

Step 4

Aggiungete l’olio.

Step 5

In una ciotola sbattete le uova senza montarle e unitevi il composto.

Step 6

Amalgamate e fate riposare per 15 minuti.

Step 7

Riempite uno stampo rivestito con carta da forno e cuocete a 170°C per 60 minuti.

Step 8

Fate raffreddare e tagliate a fette.

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