Un guscio di cremosità: la ricetta del riso, raschera e nocciola

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Il frutto

«Basta con arachidi e anacardi: con gli aperitivi provate le nocciole tostate e salate», ammonisce Irma Brizi, che organizza l’annuale Nocciola Day. Pochi lo sanno ma la Sicilia fino ai primi anni del 900 era la maggiore produttrice italiana. Questa e altre curiosità sono svelate da Gigi e Clara Padovani nell’Enciclopedia della nocciola Mondadori (224 pagine, 19,90 euro). “Quando sulla Terra comparve l’Homo habilis, in grado di raccoglierla dai cespugli spontanei, lei c’era già”, è l’incipit del quarantesimo volume di saggi & assaggi della «coppia più cioccolattosa d’Italia», come sono definiti i due studiosi piemontesi.

La storia

Scopriamo anche che “la prima corona di Giulio Cesare fu composta di foglie di nocciolo e non di alloro. I romani donavano i suoi rami per augurare fecondità agli sposi, mentre il legno era bruciato durante i sacrifici al dio Giano, cui era stato dedicato un tempio a Carbognano, nel Viterbese”. Proprio le strade dell’antica Tuscia etrusca sono diventate negli ultimi dieci anni la nuova capitale italiana della nocciola. Da Civita Castellana fino a Corchiano e a Caprarola; poi, costeggiando il lago di Vico fino a Ronciglione e alla via Cassia in direzione di Roma si susseguono i noccioleti.

Ma è in tutta Italia che è tornata in voga la coltivazione. «È un prodotto di qualità – dicono i Padovani – che unifica il Paese, difeso da tre denominazioni europee». Due sono Igp (la Piemonte Trilobata e la Tonda di Giffoni in Campania) e una è Dop (la Romana). Il piccolo frutto dalle proprietà salutari, considerato uno smart food, è uno degli ingredienti principali dell’arte di pasticcieri e cuochi. Tra le specialità più note: Baci di Alassio, calzoncelli dei Monti Picentini, croccantino di San Marco dei Cavoti, gianduiotto torinese, pangiallo laziale, tartufo gelato di Pizzo Calabro e naturalmente il torrone.

La specialità

Senza dimenticare la crema gianduia da spalmare. “Nata ad Alba nel dopoguerra dall’intuizione di Pietro Ferrero – ricorda il volume – oggi è un successo mondiale del Made in Italy. Con un paradosso: dopo il prodotto industriale sono nate le spalmabili artigianali e da alcuni anni anche le creme a km zero”. Dal 2012 una curiosità gourmand: in Piemonte decine di vitelli sono allevati a nocciole. La carne è tenerissima, quasi dolce, magra, ha un livello di colesterolo molto basso. Molti grandi chef hanno adottato la nocciola per preparazioni salate e molte ricette sono nell’Enciclopedia assieme a quelle di casa firmate da Clara Padovani.

Ecco il Raviolo farcito con genovese di coniglio di Domenico Candela del George’s presso il Parker’s di Napoli oppure il Salmerino alpino alla maniera del Principato Vescovile di Alfio Ghezzi a Rovereto e persino la pizza con il formaggio Pallone di Gravina di Puglia del pizzaiolo Paolo Ghidini. Ma non si inventa mai nulla, sembra dirci Gigi Padovani: «Già Apicio nel suo De re coquinaria consigliava di condire le carni di quadrupedi con una salsa fredda saporita a base di spezie, cipolla, datteri e nocciole». Insomma, piuttosto che di Nocciola Day, è sempre tempo di Nocciola Pride.

La ricetta del riso, raschera e nocciola dello Chef Gabriele Boffa, Locanda Sant’Uffizio di Penango (At) 1 stella Michelin

Ingredienti

Preparazione

Step 1

Portate a ebollizione l’acqua con il sale. Versate il riso e cuocete per 10 minuti a fuoco basso, mescolando ogni minuto.

Step 2

Una volta cotto, lasciate riposare il riso, coperto, per 2 minuti.

Step 3

Grattugiate il raschera. Mantecate il risotto con il burro, l’aceto e il formaggio grattugiato.

Step 4

Impiattate: disponete al centro del piatto fondo un cucchiaino di pasta di nocciole, coprite con il risotto e guarnite la superficie con gocce di olio di nocciola.

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