Dieta, porzioni piccole e ad orari fissi: ecco l’elisir di lunga vita

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    Porzioni piccole e ad orari fissi. Ecco l’ultimo dettame della scienza per allungare la vita. A portata di mano, dunque, bilancia e orologio se si vuol fare di tutto per guadagnare anni.
    Che mangiare in modo parco aiuti a vivere tanto quanto Matusalemme è una realtà scientifica ormai acquisita.

    Uno studio pubblicato su Science firmato dai ricercatori dell’Howard Hughes Medical Institute a Chevy Chase nel Maryland (Usa), aggiunge al puzzle della longevità un altro importante tassello. Chi aspira a vivere a lungo, infatti, deve non solo mangiare poco, ma preferibilmente anche ad orario. E il ritmo circadiano (le variazioni cicliche che ogni giorno coinvolgono le nostre attività biologiche)gioca un ruolo determinante in questo effetto-longevità.

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    Il monitoraggio

    Le indicazioni scaturiscono da una ricerca condotta su un piccolo esercito di topi, studiati e monitorati con grande attenzione in laboratorio, per un periodo di quattro anni. I risultati parlano chiaro: i topini sottoposti solo a dieta ipocalorica vivono il 10% più a lungo, ma quelli che consumano lo stesso numero di calorie al picco di attività del loro metabolismo (che per un roditore si verifica la notte, mentre per l’uomo sarebbe di giorno), ottenevano un bonus-longevità del 35%. Vivevano, cioè, nove mesi più a lungo. Il che, per un animaletto che vive in media 2 anni, è davvero rimarchevole.

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    Il felice risultato è dato dall’equazione mangia meno e fallo solo quando il tuo metabolismo lavora a rotta di collo. Lo studio, dunque, dimostra che i ritmi circadiani e gli orologi biologici esercitano un impatto notevole nel potenziare i cosiddetti effetti Matusalemme di una dieta a basso contenuto di calorie.
    Da anni è stato dimostrato che la restrizione calorica estende la durata di vita di qualsiasi essere vivente, dal verme all’uomo, passando per mosche, topi e scimmie e lo fa non solo attraverso la perdita di peso, ma migliorando il metabolismo del glucosio, abbassando la pressione arteriosa e riducendo l’infiammazione.

    Questo lavoro, già considerato dagli esperti una pietra miliare, aggiunge un nuovo ingrediente alla ricetta della longevità: i ritmi circadiani, il rispetto dei quali a tavola fa campare più a lungo, per meccanismi che restano però al momento oscuri. L’autore principale del lavoro è Joseph Takahashi, autorità mondiale in tema di orologi biologici. È sua, per esempio, la scoperta del primo gene che controlla i ritmi circadiani nei mammiferi. Il suo team lavora da anni alla comprensione delle basi molecolari e genetiche dei ritmi circadiani nei mammiferi, utilizzando i topini (ma anche alcune cellule particolari contenenti il metronomo della vita), come strumento per scoprire le basi genetiche di queste complesse battute dell’orchestra della vita.

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    «La nostra vita è scandita da cicli di ventiquattro ore spiega Takahashi – e tutti gli organismi viventi hanno sviluppato modi per anticipare le alterazioni quotidiane di luce e temperatura. Modi che accomunano tutti: batteri, piante, l’uomo. Sono gli orologi biologici che possono anticipare cosa accadrà in questi cicli di ventiquattro ore. Quello più noto è il ciclo sonno-veglia».

    Takahashi è comunque rimasto così impressionato dai risultati della sua ricerca da averli già messi in pratica. Il ricercatore ha reso noto che ha preso a concentrare i suoi pasti quotidiani all’interno di una finestra temporale di 12 ore durante la giornata, per poi chiudere i battenti (dello stomaco) fino al giorno successivo. Una sorta di mito di Proserpina condensato in 24 ore: dodici di buona tavola (ma con poche calorie), dodici di riposo dello stomaco. Con piccoli sgarri, il meno possibile.

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    La pasticca

    Sembra esserci ancora molto da studiare in materia. Dal momento che, secondo altre ricerche (una dell’Università di Guangzhou in Cina pubblicata recentemente sul New England Journal of Medicine) il dimagrimento e il benessere dipenderebbero solo dalla scarsità delle calorie e non dall’orario in cui viene consumato il cibo.

    Ma la vera ambizione, questo si evince dal lavoro americano, è quella di capire i meccanismi della longevità celati nella schedula alimentare disegnata sull’attività del metabolismo. Questo potrebbe aiutare a mettere a punto un farmaco in grado di potenziare i misteriosi meccanismi regolati dall’orologio biologico. L’elisir di lunga vita. In compresse, anziché una pozione liquida, come la tradizione tramanda.

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