Carne hi-tech: ora l’hamburger digital si stampa in 3D

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    Se entraste a The Chicken, anomalo ristorante di Tel Aviv, assistereste al più strano degli spettacoli: allungando lo sguardo oltre i tavolini della sala, ben in vista e senza segreti, vedreste un grande laboratorio. Cisterne di metallo, stampanti 3D, operatori in camice. Sembrano piccoli chimici, anzi; lo sono: proprio mentre i clienti addentano panini e bocconcini di pollo fritti, lì dietro stanno coltivando la carne che verrà servita.

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    Il verbo coltivare non è un errore: si tratta di carne artificiale, generata in laboratorio con un processo altamente tecnologico che permette la replicazione dei tessuti e delle proteine animali (in questo caso di pollo) in tempi rapidissimi. Le cellule vive sono inserite all’interno di bioreattori con una soluzione liquida piena di nutrienti: il volume raddoppia ogni giorno.

    Il risultato preliminare è una poltiglia di carne informe, che poi viene lavorata, o stampata, nella forma e nella dimensione adatta alla cottura e al servizio. La formula magica quindi è un mix tra varie scienze: è necessaria la biologia, ma per trovare la giusta formula e condizioni per lo sviluppo ci si basa su algoritmi studiati da sistemi di machine learning e intelligenza artificiale, che nel tempo hanno simulato e cercato le soluzioni migliori.

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    Pionieri

    Al The Chicken si fatica a trovare un tavolino libero. Ma non è l’unico esempio di carne sintetica. La società Aleph ha presentato nel 2020 le sue prime bistecche di manzo bio-farmed (bio-coltivate, il termine che loro hanno preferito al meno allettante sintetico). Il primo esempio di carne creata in laboratorio però risale al 2012, quando Mark Post, professore all’Università di Maastricht, in Olanda, ha presentato al mondo il suo hamburger etichettandolo come la nuova carne del futuro.

    Da quell’esperimento costosissimo è nata la Mosa Meat, altra azienda che fa enormi progressi nel settore: all’inizio produrre una sola polpetta costava circa 200 mila euro, ma ora le cifre si aggirano tra i 10 e i 40 euro a hamburger. «Non hanno solo lo stesso sapore della vera carne. Sono vera carne», recita uno slogan dell’azienda.

    Altre start-up siglano accordi di distribuzione o ricevono finanziamenti milionari anche negli Stati Uniti e a Singapore, altre due mercati molto interessati alla carne artificiale. Uno degli investitori più famosi è Bill Gates, che di recente ha auspicato che tutto il mondo sviluppato passi interamente alla carne sintetica.

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    I motivi

    Ci sono almeno due grandi spiegazioni che giustificano l’interesse per la carne sintetica. Coltivare carne sintetica significa aumentare l’efficienza rispetto a un allevamento tradizionale: nessuna malattia, niente scarti animali, niente ormoni o antibiotici per accelerare la crescita. Un risparmio incredibile di risorse e terreni, nonché molta meno crudeltà verso gli animali. Insomma: se messo a regime questo sistema porta a carne molto più economica.

    L’altra spiegazione è ambientale: nonostante siano sempre più di moda hamburger e bistecche totalmente vegane, il consumo mondiale di carne è in costante crescita, soprattutto nei paesi che abbracciano solo negli ultimi anni prosperità e benessere. Ma l’industria degli allevamenti intensivi contribuisce almeno per il 14,5% alle emissioni globali di gas serra.

    E se la popolazione mondiale crescerà come è previsto fino ad arrivare a 10 miliardi nei prossimi 80 anni, e anche la ricchezza media crescerà, servirà molta e molta più carne. Ma una richiesta del genere è impensabile dal punto di vista della sostenibilità. Uno studio di Oxford suggerisce che per produrre carne sintetica si produce il 96% in meno di emissioni di CO2 rispetto alla carne tradizionale.

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    Il gusto

    Ma se la sfida dei costi dei tessuti animali sintetici si può risolvere con processi più affinati ed economie di scala, ora la vera missione di chi bio-coltiva è trovare il gusto e la consistenza perfetta. Una missione con diverse complicazioni e tanti algoritmi di ingredienti ancora da testare: perché è facile accontentare il palato di chi ordina i bocconcini di pollo fritto al fast-food, ma sembra ancora lontano il giorno in cui sarà possibile ordinare un filetto sintetico al sangue.

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