L’arte scivola nel piatto: la ricetta della lingua, gamberi e mandarino

Le preparazioni dei grandi maestri assomigliano sempre più a opere pittoriche. La creazione del disegno avviene sempre prima della scelta dei sapori da unire

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    “Fare il giornalista è sempre meglio che lavorare”, diceva Luigi Barzini Jr. Farlo scrivendo di cibo è ancora meglio, aggiungo io dopo 45 anni di lavoro (duro e serio) in tv, quotidiani, mensili e qualche libro pubblicato. Per il Messaggero scrivo anche di economia e attualità.
    gamberi rossi, bicchiere, arte

    La tendenza

    Nel luccicante mondo degli chef di grido alcuni piatti sembrano un’opera d’arte. Già nel XIX secolo il cuoco-scrittore francese Careme Arfine sosteneva che «la branca principale dell’architettura è la pasticceria». Comunque li si voglia considerare – artisti o artigiani – grande è la loro creatività. Nicola Perullo che insegna Filosofia ed Estetica del gusto a Pollenzo sostiene che «l’arte culinaria si misura con la riuscita gustativa, irriducibile alla dimensione concettuale ed emotiva, e si gioca tra il richiamo del noto e la fascinazione del nuovo».

    Gualtiero Marchesi, il primo grande maestro della moderna cucina italiana, sosteneva che «in ogni arte – e ciò vale anche per la cucina – la grande raffinatezza consiste nella sintesi e nella semplicità. La tradizione è necessaria, ma bisogna dimenticarla senza tradirla». Se i ferri del mestiere dell’artista tradizionale sono pennelli, scalpelli o altri strumenti, al cuoco servono mestoli, coltelli e prodotti della terra.

    Arte e processo creativo

    Ma come avviene il processo creativo? Quando scatta la scintilla? C’è prima il disegno dell’impiattamento o la ricerca di una nuova sensazione in bocca? Quali stratificazioni e contaminazioni di culture fanno di un piatto un’opera originale? Opera replicabile, come per esempio la litografia di un pittore, ma purtroppo «effimera, che si consuma», come ricorda lo stellato Claudio Sadler. Risposte intriganti ci arrivano da Francesca Tagliabue nel suo Chef’s Design (Nomos, 132 pagine, 39,90 euro) che è andata a curiosare nelle cucine di 40 superpremiati chef e pasticceri italiani.

    A ognuno ha chiesto di raccontare la genesi di un piatto icona e la relativa ricetta, facendo così di un libro d’arte un ricettario di cucina (o viceversa?). Quasi tutti partono dal disegno (chi a mano libera, chi con compasso e squadra, chi con l’iPad). «Realizzare graficamente l’idea – racconta Cristina Bowermann di Glass Hostaria a Trastevere – mi aiuta a vedere la profondità del sapore come pure quella del piatto. Attraverso il bozzetto riesco a percepire le dimensioni e a vedere la complessità del piatto, capisco quale sapore arriva prima al momento dell’assaggio».

    Lo spartito

    «Rispetto al pittore – ricorda il milanese Giancarlo Morelli – c’è un passaggio ulteriore: dopo il disegno c’è il piatto», che oltretutto cambia anche ogni sera. «Siamo un’orchestra – afferma il campano Ernesto Iaccarino – che suona live la stessa musica, con strumenti spesso diversi. Noi dobbiamo realizzare la stessa carica emozionale ogni volta, ma gli ingredienti – gli strumenti – non sono mai esattamente gli stessi. Io devo lavorare per bilanciare ogni sera il piatto – lo spartito – perché suoni la stessa musica. Avevo in carta un gelato di coniglio, straordinario, la cui resa però dipendeva troppo dalla carne spesso asciutta. Ho quindi deciso di provare con un pesce, ma volevo evitare di subire le stesse variabili. Mi sono chiesto quale pesce fosse abbastanza grasso e ho scelto l’anguilla».

    Come nelle botteghe rinascimentali, nelle cucine c’è il maestro e ci sono gli allievi con un continuo dare-avere pur nel riconoscimento dei ruoli. Anthony Genovese del Pagliaccio a Via dei Banchi Vecchi a Roma, spiega che «l’idea parte da me, poi mi confronto con la brigata. Io fornisco l’ordito della tela, poi insieme si tesse la trama».

    La ricetta della lingua, gamberi e mandarino dello Chef Marcello Trentini, 1 Stella Michelin, ristorante Marogabin – Torino

    Preparazione

    Step 1

    Massaggiare la lingua con sale e zucchero e lasciarla marinare in frigo 24 ore.

    Step 2

    Sobbollirla nel brodo per circa 2 ore.

    Step 3

    Privarla della pelle e tagliarla a fette spesse 2 cm.

    Step 4

    Rosolare in una padella caldissima le fette di lingua con poco olio, scolarle e tenerle in caldo.

    Step 5

    Condire i gamberi sgusciati in una ciotola con un filo di olio, sale e pepe.

    Step 6

    Frullare i mandarini sbucciati e poi far addensare la polpa con agar agar a fuoco dolce.

    Step 7

    Comporre e avvicinare due semicerchi con lingua e gamberi.

    Step 8

    Completare col gel di mandarino e i germogli.

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