Un drink con la forza della natura, l’idromele Millefiori

Dalle antiche ricette della nonna alle moderne bevande aromatizzate, ecco cosa scegliere per combattere l’arsura. Si riscopre l’idromele e c’è chi vende cubetti di ghiaccio ai fiori di sambuco, menta o rosmarino

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    Carlo Ottaviano
    Carlo Ottaviano
    “Fare il giornalista è sempre meglio che lavorare”, diceva Luigi Barzini Jr. Farlo scrivendo di cibo è ancora meglio, aggiungo io dopo 45 anni di lavoro (duro e serio) in tv, quotidiani, mensili e qualche libro pubblicato. Per il Messaggero scrivo anche di economia e attualità.

    La tendenza

    Fino a inizio Novecento nelle grandi città si aggirava l’acquaiuolo – acquafrescaio al Sud – che vendeva l’acqua potabile. Spesso l’aromatizzava con bicarbonato e limone. Inizialmente a mo’ di digestivo per i pesanti pranzi domenicali, successivamente, come bevanda rinfrescante. L’usanza è tuttora viva negli antichi “sgricci”, i chioschi siciliani dove servono seltz al limone con un pizzico di sale. Insomma, è sbagliato attribuire origini etnico-esotiche alle cosiddette “acque verdi” aromatizzate – così di moda come acqua&zenzero e acqua&curcuma con cui combattere afa e spossatezza. Già le facevano le nostre nonne e sono assai facili da preparare (basta filtrarle e farle raffreddare). Alcune sono ottime anche come aperitivi analcolici: sciroppo di tamarindo con limone e bicarbonato (gusto iniziale dolce amaro, quindi aspro sapido) o il superbo e dissetante sciroppo di mandarino al limone. La versione strong è con la spremuta di un intero limone fresco e sale sul bordo del bicchiere (perfetto integratore anche di vitamine dopo una sudata a spiaggia).

    Il mercato

    L’industria si è buttata a capofitto sul nuovo mercato. In commercio c’è perfino il ghiaccio Zhero (24 cubetti costano pochi euro) a quattro diversi gusti (zenzero, limone, menta e rosmarino, lampone e fiori di sambuco). Inizialmente Ice Cube, maggiore produttore italiano di ghiaccio alimentare, pensava ai cubetti aromatizzati come ingrediente per la miscelazione dei cocktail. Salvo poi scoprire che venivano comprati anche per creare con la sola acqua una bevanda dissetante e naturale.

    Più complesse, ma altrettanto naturali, sono altre due bevande della tradizione tornate prepotentemente in voga: l’idromele (che nonostante il nome ha a che fare col miele e non con le mele) e il sidro – questo sì – di mele. Sono prodotti che nascono dalla fermentazione naturale, come il vino dall’uva.

    Effervescenze diverse, li definisce sin dal titolo Michela Cimatoribus (Trenta editore, 144 pagine), che racconta il mondo dei vini ancestrali, delle birre sour (acide) e appunto di alcune italianissime bevande. In effetti, il sidro rischiò di sparire nel ventennio fascista quando Mussolini vietò la produzione di bevande alcoliche sotto i 10 gradi, nell’intento di incentivare il consumo di vino italiano. Gradevole e dissetante, il sidro in estate è piacevolissimo. Sapori e profumi dipendono dalle diverse varietà di pomi di cui è ricchissima l’Italia.

    Caratteristiche di sidro e idromele

    «A ogni diversa varietà di mela – spiega Cimatoribus – corrispondono caratteristiche peculiari di acidità, amarezza, astringenza o dolcezza, oltre che di colore». La fermentazione dura circa tre mesi. C’è chi poi lo fa invecchiare in barrique fino a due anni e lo spumantizza in versione extra dry o brut (come nel caso di Melagodo, in Valtellina). A tavola regala sensazioni sorprendenti, freschissime e più leggere del vino. Come avviene con l’altro fermentato naturale – l’idromele – che nasce dalla combinazione soltanto di acqua, miele e lievito (come nella ricetta in pagina). All’antica bevanda si riferisce l’espressione “luna di miele”. «Era uso a Babilonia – scrive Cimatoribus – fornire alla sposa una quantità di idromele sufficiente per 28 giorni al fine di fortificare il neosposo e propiziare la nascita del primo figlio». La tradizione, quindi, non solo disseta ma è fonte di energia vitale.

    La ricetta dell’idromele Millefiori da “Effervescenze diverse” di Michela Cimatoribus

    Preparazione

    Step 1

    L’agronomo-enologo sardo Aldo Buiani suggerisce di riscaldare il miele a bagnomaria (alla temperatura massima di 35°C) e successivamente scioglierlo assieme all’acqua in un secchio da 15 litri, avendo cura di portare a volume di 10 litri la soluzione acqua + miele.

    Step 2

    Reidratare il lievito in acqua calda (37-40°C) e poi inserirlo nella soluzione.

    Step 3

    La fermentazione partirà dopo 12-24 ore e durerà circa 10 giorni.

    Step 4

    Terminata la fermentazione far decantare il prodotto e poi imbottigliare.

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