Il gateau
Destino disgraziato quello delle patate. Antichissime (gli Incas le chiamavano papas), cibo in assoluto oggi più usato al mondo. Buonissime e versatili, continuano però ad essere sinonimo di bruttezza e rozzezza. Per anni, anzi secoli, sono state perfino considerate più velenose delle melanzane (“mela insana”), senza neppure la scappatoia dell’uso ornamentale a cui era erano relegati i “pomi d’oro” prima di scoprirne la bontà. «Le foglie – ricorda lo storico della gastronomia Allan Bay – erano considerate cibo delle streghe. Arrivate in Europa nel Cinquecento, solo nel 1786 appaiono per la prima volta in un ricettario». Di uso comune lo saranno nell’Ottocento e diventano torta. Perché proprio torta vuol dire gateau, da cui gattò di patate (a Napoli c’era perfino il gattò marriaggio, cioè la torta di matrimonio da gateau de mariage). Questo e quello, arrivati a Napoli con i cuochi francesi (i famosi monzù, cioè monsieur) al seguito di Maria Carolina andata in sposa a Ferdinando I di Borbone. Insomma, stessa origine e contaminazione linguistica del sartù (sopra a tutto) di riso.
Da nord a sud
Lasciamo le lezioni di storia e dedichiamoci a quelle di cucina. Dal sapere al sapore di ogni giorno, perché mettendo assieme patate e fantasia si possono preparare gustosissimi piatti spendendo davvero poco. Volendo limitarsi alle torte al forno, ecco in Centro Italia – uno strato sopra l’altro – patate, cipolle e pomodori, ricoperti infine di pecorino grattugiato, origano, sale e pepe. In Puglia profumatissime sono patate e funghi, sempre messi a strati in teglia larga. D’origine assai povera, nella Pianura Padana ecco la torta di patate e grana, con i tuberi precedentemente lessati e mescolati a un soffritto di porri.
Su tutti impera il gattò celebrato anche dal cinema americano. «Le patate – spiega Campbell Scott, impersonando un cuoco calabrese in Big Night di Stanley Tucci (1996) – fanno letizia, sono buone, abbottano. La procedura è lunga: bisogna bollire, schiacciare con adeguato utensile, aggiungere parmigiano, porre degli strati nella teglia. Alternare patate a un ripieno prescelto, uova sode, mozzarella, prosciutto, finire con ultimo strato di patate al quale aggiungere una cascata di parmigiano e pan grattato. Infornare per una mezz’ora a circa centottanta gradi. La cena, anche se in solitudine, sarà allegra e abbondante».
I tempi di cottura
In effetti questa è la ricetta all’uso calabrese con le uova sode e parte degli albumi delle uova fresche montati a neve. Importante la scelta delle patate giuste, secondo i gusti di ognuno. Le novelle dalla buccia sottile sono forse troppo tenere. Le rosse – sode, compatte e dal sapore deciso – resistono se sbagliate i tempi di cottura. Le dolci americane – che in effetti non sono patate – vanno meglio nei dessert e nelle vellutate. Le bianche sono molto farinose all’opposto delle gialle (ideali fritte). Qualunque varietà si scelga, le nostre nonne raccomanderebbero di usare quelle vecchie (ovviamente non marce o con germogli) perché rilasciano meno acqua e assorbono meglio l’umido degli ingredienti. Errore da evitare il togliere la buccia prima di lessarle. Un trucco per il perfetto amalgama è tenere l’impasto ormai pronto in frigo alcune ore prima di infornarlo. Così dopo si crea meglio la crosticina di copertura e si ammorbidisce più gradualmente l’interno.
La ricetta del mini gateau di salumi e patate di Lisa Casali – “In cucina senza sprechi” per Carni Sostenibili
Un piatto della tradizione che si presta ad abbracciare gli avanzi della settimana, in particolare di salumi e formaggi che, così, rinascono a nuova vita.