Distillato di piacere, la ricetta della “carbonuva”: la carbonara alla grappa

Da "Cenerentola" della cantina, la nostra acquavite è diventata regina aristocratica dai toni morbidi. Piace alle donne e viene apprezzata anche in estate ma senza ghiaccio. Viene utilizzata per i cocktails e come ingrediente in cucina

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    Carlo Ottaviano
    Carlo Ottaviano
    “Fare il giornalista è sempre meglio che lavorare”, diceva Luigi Barzini Jr. Farlo scrivendo di cibo è ancora meglio, aggiungo io dopo 45 anni di lavoro (duro e serio) in tv, quotidiani, mensili e qualche libro pubblicato. Per il Messaggero scrivo anche di economia e attualità.

    La bevanda

    «Era la Cenerentola degli spiriti. Ora si è rivelata la più aristocratica delle essenze». Cesare Pillon – decano, con i suoi 88 anni, degli esperti di enologia – di mode ne ha viste nascere e tramontare tante ma ora non ha dubbi sul rilancio dell’acquavite italiana. «La grappa è stata – dice – la più plebea dei distillati fino a quando non è riuscita a proporsi nella pienezza del suo fascino». Oggi non è più la pungente bevanda degli alpini, ma piace – nella versione morbida – alle donne e tra gli uomini cresce il numero di chi sceglie – come per il whisky – le invecchiate dal retrogusto persistente.

    C’è chi la beve anche in estate – guai, però, a mettere il ghiaccio – ed è di tendenza come base dei cocktail e perfino come ingrediente in cucina o in abbinamento ad alcuni piatti a tavola. «Bisogna disfarsi dei pregiudizi», continua Pillon, che con Giuseppe Vaccarini ha firmato Il grande libro della Grappa edito da Hoepli (240 pagine, 39,90 euro).

    Il vigore

    «Sicuramente non sostituirà il vino – afferma – ma bisogna essere aperti alle nuove sfide gastronomiche. E la grappa può dare vigore, può esaltare il gusto di ingredienti delicati». Oppure, come nell’audace ricetta di oggi, arricchendo in modo inusuale piatti che sono già leggenda, come la carbonara di Luciano Monosilio (patron a Roma del Luciano Cucina Italiana dopo essere stato l’ottimo cuoco di Pipero al Rex).

    Sugli spaghetti lui ha provato a vaporizzare una grappa fruttata con un finale floreale. Più normale abbinarla – se giovane – al cioccolato amaro oppure – se invecchiata – ai formaggi erborinati o affumicati.

    Volendo invece stare sul classico, partiamo dalla scelta del bicchiere. «Possibilmente a tulipano, che consente una maggiore concentrazione ed espressione degli aromi», suggerisce Beppe Bertagnolli, presidente dell’Istituto di tutela della grappa del Trentino. Aspettate a bere perché l’olfatto è più importante del gusto.

    «Prima avvicinate il naso, ma non come si fa con il vino! Ci si deve fermare non appena se ne percepisce il profumo. Poi bisogna allontanare il bicchiere per qualche secondo e ricominciare per due secondi ripetendo l’operazione anche per 15/20 volte», spiega Paola Soldi, presidente dell’Associazione nazionale assaggiatori di grappe e acquaviti.

    Il mughetto

    Erba, mela, banana, fragola, frutta esotica, nocciola, giacinto, pesca, lampone, mughetto, moscato, rosa sono i principali profumi da percepire al naso. Mentre in bocca si sentiranno soprattutto il dolce e l’amaro. Piccoli sorsi vanno tenuti per almeno cinque secondi in bocca, facendoli girare per apprezzare tutte le sfumature e le diverse tipologie.

    «Perché oggi – afferma Elvio Bonollo, presidente dell’Istituto Nazionale Grappa – non si parla più di grappa, ma di grappe. Giovani, invecchiate, monovarietali, plurivarietali che sempre più spesso, grazie alla maestria di chi distilla, si trasformano in veri e propri capolavori da centellinare».

    Un patrimonio da 300 milioni di euro l’anno partendo dalla buccia d’uva scartata nel procedimento di vinificazione. Proprio dall’umile vinaccia, nasce la distillazione, «attività che nell’immaginario popolare – ricorda Cesare Pillon – è un’operazione da alchimisti, densa di simboli misteriosi, che evoca la ricerca della quintessenza, della pietra filosofale, dell’elisir di lunga vita».

    La ricetta della “carbonuva”, la carbonara alla grappa dello Chef Luciano Monosilio – Roma

    Ingredienti

    Preparazione

    Step 1

    Rosoliamo a fuoco vivo il guanciale tagliato a cubetti di 1 cm togliendo mano a mano il grasso rilasciato e conservandolo a parte.

    Step 2

    Montiamo i tuorli con grana e pecorino grattati e il grasso scolato. Quindi lasciamo riposare.

    Step 3

    Una volta cotta la pasta, mantechiamo fuori dal fuoco in una ciotola di acciaio fino rendere il tutto cremoso. Se serve, aggiungere un po’ di acqua calda.

    Step 4

    Completiamo con pepe macinato e impiattiamo.

    Step 5

    Grattugiamo il pecorino intero sul piatto tiepido.

    Step 6

    Prima dell’ultima macinata di pepe, spruzziamo con il diffusore la grappa sul piatto.

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